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lunedì 21 dicembre 2015

V I S T O D A L E I - "Corruzione italica allo zenit"

Cara Alberini,
malgrado le sempre positive previsioni del Premier Renzi sulla parabola economica e sul gran lavoro per monitorare e togliere di mezzo il sistema delle tangenti, lo stesso aumenta sempre più indisturbato con scandali giornalieri a tutti i livelli. Mi domando come sia possibile simile ignominia senza speranza…

Lettera firmata, ricevuta via e-mail

Carissimo amico,
senza voler giustificare in alcun modo la corruzione  spaventosa vigente in Italia e più accentuata che in altri Paesi, bisognerebbe ricordare che lo Stato italiano ha sempre penalizzato i cittadini. I quali, a loro volta, con un malinteso senso di rivalsa, cercano di rifarsi sullo Stato stesso.
Il negoziante che non dà lo scontrino o lo diminuisce, noi consenzienti, attua una rivincita contro lo Stato predone.  L’idraulico che accetta di fare uno sconto prendendo i contanti senza fatturare o il medico che lo imita attuano una miriade di evasioni contro lo Stato. Andando più su, le tangenti, in particolare quelle sugli appalti dei lavori pubblici, rimpinguano le tasche dei funzionari e gravano sullo Stato perché l’appalto verrà a costare molto di più. Ricordiamo gli Anni Ottanta quando i governanti socialisti si vantavano per un costo di trenta miliardi di vecchie lire al chilometro per autostrade in pianura quando agli Svizzeri un chilometro di autostrade in montagna costava cinque miliardi.
Quante fortune illecite sono fiorite nel nostro Paese rubando con l’avvallo di aver osservato le procedure secondo le leggi. Un esempio è rappresentato dall’autostrada Salerno Reggio Calabria sempre in lavorazione e mai finita da cinquant’anni: miniera inesauribile per tutto il malaffare italiano. E tutto, ma proprio tutto dalle metropolitane al rifacimento delle strade, ai viadotti crollanti dell’Anas in Sicilia, allo smaltimento dei rifiuti è diventato un festino magna magna che accontenta la parte putrida del sistema italico.
Cos’altro dire, caro amico? Nulla: data la valanga di malversazioni delle quali non vanno esenti neppure le banche. Infatti l’ingenuo cittadino non si accorge di subire una tassa sulla giacenza media del conto corrente ed una patrimoniale sui titoli, oltre a pagare il 26% sulle rendita finanziaria.
Un felice Natale a tutti i cari lettori, compagni di sventura, augurandoci che almeno nel panettone non manchino gli ingredienti perché depauperati a monte dalle solite tangenti.


m.alberini@iol.it  

lunedì 14 dicembre 2015

V I S T O D A L E I - "Governo ladro"

Cara Mariella Alberini,
come sempre il Governo, ladro dai tempi dell’Unità d’Italia, ha messo le mani nelle tasche dei cittadini come nel caso delle quattro Banche Popolari  del centro Italia. Una vergogna senza limiti…

Lettera firmata, ricevuta via e-mail

Caro amico,
Il Presidente del Consiglio con notevole prosopopea ha annunciato il salvataggio delle 4 Banche Popolari  senza attingere neppure un euro alle casse dello Stato.
Ha soltanto omesso di dire che in realtà ha prosciugato i risparmi di migliaia di clienti delle suddette banche. Ha inoltre tralasciato di spiegare perché gli organi di controllo, compresa la Banca d’Italia, abbiano permesso a queste banche di rifilare alla clientela titoli altamente tossici.
In tal modo si dice sia stato effettuato il salvataggio di queste banche  lasciando ai cittadini onesti con piccoli, ma per loro  vitali i risparmi di una vita,  solo gli occhi per piangere. Allo scatenarsi di tragedie, come il suicidio  di uno di loro,  è stato inscenato un indegno scarica barile incolpando le nuove regole europee sulle banche. E intanto annunciano la creazione di un fondo per risarcire i malcapitati se va bene al 30%.
Riguardo all’ipotetico risveglio dell’economia italica, con percentuali da prefisso telefonico dello Sri Lanka, noi non vediamo neppure quello.
I negozi chiudono a catena; i ristoranti agonizzano con pochissimi clienti, la disoccupazione spadroneggia; le grosse aziende passano in mano agli stranieri. E’ notte fonda con suicidi dolorosi per noi italiani che assistiamo a casi pietosissimi come quello del povero uomo impiccato perché non sapeva dove andare e non voleva lasciare agli ufficiali giudiziari la sua casa.
Qui non si sa più dove guardare: le code alla distribuzione dei generi alimentari gratuiti aumentano tutti i giorni. Le città sono invase da ceffi di tutte le razze che sembrano no global: cappuccio tirato sulla testa e musi patibolari “abbronzati“, ma muniti di costosi smartphone. Nella periferie gli italiani e, soprattutto, le italiane  hanno paura di uscire di casa sul far del crepuscolo. Le leggi sulla Sicurezza troppo permissive non ci tutelano. E neppure i poliziotti sono protetti se intervengono.
Povera Italia, un tempo il Paese più pregevole del mondo.

m.alberini@iol.it  



lunedì 7 dicembre 2015

V I S T O D A L E I - "Il cronico provincialismo italiano"

Cara Mariella Alberini,
siamo completamente impreparati a sostenere la società multirazziale nella quale siamo immersi da decenni. Un fenomeno che si è già manifestato oltre cinquant’anni fa, sia pure in piccole proporzioni. E adesso nessuno sa come affrontare l’orda immane già calata sul nostro territorio…

Lettera firmata, ricevuta via e-mail

Carissimo lettore,
il proverbiale provincialismo italiano ci perseguita da sempre, ma soprattutto dal governo De Gasperi in poi abbiamo avuto, fino agli anni ottanta, Ministri degli Esteri che non parlavano alcuna lingua straniera, neppure l’inglese. Il primo che lo parlava abbastanza bene è stato Emilio Colombo.
Il cinema italiano anni cinquanta, un meraviglioso cinema in bianco e nero, sottolineava il provincialismo dell’Italietta ancora campagnola. Oggi quel cinema non esiste più: abbiamo una serie di film regionali con modesti attori e attrici che hanno la pessima abitudine di mettere in mostra soprattutto la loro generosa “mercanzia”. Peccato: nessun confronto con le grandi signore dall’abbigliamento sobrio e già internazionale del cinema inglese o americano.
L’arrivo massiccio di Eritrei e Somali in fuga dalla guerra perpetua sul loro territorio è incominciato dall’inizio degli Anni cinquanta. Venivano  assunti senza documenti come domestici e, loro sì, sovente si esprimevano in inglese e anche in italiano perché i loro padri, memori abbastanza grati dell’impero coloniale italico, glielo avevano insegnato.      
Oggi  dalla capitale in giù si perpetua una chiusura all’internazionalismo ormai diffuso in tutto il mondo occidentale in atto da anni e dovuto alla globalizzazione. Sarebbe indispensabile che Comuni, Province, Regioni, Ministero della Cultura e tutti gli altri Enti proposti si occupassero in modo dinamico di trovare una sorta  di integrazione con la società italiana per tutte le numerose etnie presenti sul territorio.
Ma non basta. Dovrebbero intervenire in modo più aggregante i Parroci per aiutare gli immigrati non solo di religione cattolica ad integrarsi con i giovani italiani. Inoltre importantissimo sarebbe responsabilizzare gli immigrati che lavorano e fruiscono del welfare italiano e invece restano fuori a pretendere, a guadagnare senza alcun senso di gratitudine nei confronti dell’Italia e degli Italiani che li assumono con lauti stipendi soprattutto nel campo della collaborazione  domestica.
Gli Inglesi hanno copiato la multinazionalità dell’Impero Romano: Britanni come Galli, Siriani come Fenici, Numidi come Bitini ricevevano in premio la cittadinanza romana se si dimostravano fedeli all’Impero.
Cives romanus sum era il massimo del vanto per i lontani sudditi di quell’Impero plurinazionale.


m.alberini@iol.it